TEORIE DA “COMPLOTTISTI”

Come disse Bob Kennedy, un grande politico, “Pochi uomini sono disposti ad affrontare la disapprovazione dei loro compagni, la censura dei loro colleghi, l’ira della loro società. Il coraggio morale è una merce più rara del coraggio in battaglia o di una grande intelligenza.“Eppure, -continua- è una imprescindibile, vitale qualità per coloro che cercano di cambiare un mondo che merita di cambiare».

Anche Gandhi la pensava allo stesso modo: «Molte persone, specialmente quelle che la ignorano, ti vorranno punire per aver detto la verità, per essere stato coerente e per essere te stesso. Non scusarti mai per essere stato coerente o per essere anni avanti al tuo tempo. Se sei nel giusto e se lo senti, parla liberamente. Dì quello che pensi. Anche se sei l’unico rappresentante di una minoranza, la verità è comunque la verità”.

Quindi siate coraggiosi e non affidatevi ai giudizi altrui, a maggior ragione se sono quelli più diffusi e comuni. Ancora meno se sono vuote accuse di «complottismo», «cialtroneria» o «ciarlataneria», queste a volte sono addirittura un buon segno!.

Arthur Schopenhauer, filosofo che in molti come me ricordano per averlo studiato al liceo, ha scritto: «Tutte le verità passano attraverso tre fasi. Primo, vengono ridicolizzate. Secondo, vengono violentemente contrastate. Terzo, vengono accettette come evidenti», ossia, come se fossero sempre state chiare a tutti.

Gli studi scientifici sullo stereotipo negativo dei “complottisti”

Solitamente i complottisti vengono definiti come fanatici ostili che sostengono con piglio ideologico le versioni ipotizzate dalla propria «setta» di appartenenza. Nel 2013 fu pubblicato uno studio scientifico, elaborato da Michael J. Wood e Karen M. Douglas, due psicologi e ricercatori dell’Università di Kent (Regno Unito). Questo suggerisce che lo stereotipo negativo del «complottista» in realtà descrive accuratamente le persone che difendono le versioni ufficiali. Non quelle che le contestano.

Esiste un altro studio a conferma di tutto ciò, intitolato What about building 7? A social psychological study of online discussion of 9/11 conspiracy theories. Tradotto: «Cosa ne pensate dell’edificio 7? Uno studio psicologico sociale sulle discussioni online riguardo le teorie del complotto sull’11 settembre». Questa indagine è stata condotta su migliaia di commenti raccolti online dai due ricercatori. E pare aver dimostrato che sono i soggetti che supportano la versione ufficiale dei fatti dell’11 settembre 2001 a esprimersi generalmente in modo più ostile. Sono proprio costoro che tentano di persuadere chi la pensa in modo diverso da loro e non i cosiddetti «complottisti».

I “complottisti” hanno un attegiamento più sano ed aperto

Sono dunque gli altri, i «complottisti», ad avere un atteggiamento più sano e aperto, più razionale, non «paranoico» né «manipolabile». E sono anche molto più numerosi. Coloro che non credono alle versioni ufficiali di eventi come l’11 settembre e l’omicidio del presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy sono risultati essere più del doppio rispetto a quelli che credono alle versioni ufficiali.

Altri recenti sondaggi confermano che più dell’80% della popolazione statunitense non crede alla versione ufficiale sull’11 settembre! E a tutti questi non piace affatto essere definiti «complottisti». Le espressioni «complottista» e «teoria del complotto» furono create ad hoc. Ossia con «l’obiettivo di mettere in cattiva luce chi non credeva alle versioni ufficiali.

Bisogna ammettere, purtroppo, che si sia rivelata una delle iniziative di propaganda di maggior successo di tutti i tempi». Queste sono le parole del professor Lance DeHavenSmith nel suo libro Conspiracy Theory in America («Teorie del complotto in America»).

Ma da chi vennero coniate quelle espressioni?

Il politologo americano ci dice che furono coniate e ampiamente diffuse dalla CIA. I servizi segreti statunitensi se ne servirono per diffamare coloro i quali sollevavano dubbi sulla versione ufficiale dell’assassinio di JFK. Ed evidentemente sono poi tornate loro spesso utili…

Tanto per fare un altro esempio, è stato confermato che i servizi segreti statunitensi sono stati complici anche dell’omicidio di Martin Luther King. Lo riporta una sentenza unanime del dicembre 1999, emessa dopo 4 settimane di dibattimento e oltre 70 testi ascoltati, ben 32 anni dopo la morte del leader nero.

La moglie Coretta Scott King ha dichiarato: «Abbiamo fatto tutto quello che era in nostro potere per portare alla luce la verità, e ora anche i media e i membri della comunità politica dovrebbero fare la loro parte per diffondere queste rivelazioni al più largo pubblico». Il suo appello cadde nel vuoto e oggi trovate ben poche tracce di notizie su quella sentenza.

Articolo estratto dal libro “Liberi dal Sistema – La Guida per Cambiare il Mondo Partendo da Sè” di Enrico Caldari.

Se vuoi approfondire queste informazioni e imparare ad applicarle nella tua vita, compila il form qui sotto: