Torniamo ora alla questione del legame tra il sistema monetario che utilizziamo e la crisi che stiamo vivendo. Ora che abbiamo analizzato e capito qualcosa in più sulle sue origini e sul suo funzionamento, come potremmo chiamare il sistema economico in cui viviamo?
Economia di mercato? Capitalismo? Libero mercato? Io lo chiamerei “Economia basata sul debito”. Infatti il nostro mondo si basa sui soldi, e i soldi sono emessi come debiti. La nostra è quindi un’economia basata sul debito.
Questo Sistema non farà certo una bella fine. E allora: vogliamo farci seppellire da lui, oppure decidere di seppellirlo e di costruirne uno nuovo?
IL SISTEMA MONETARIO E L’ USCITA DALLA CRISI
Dopo averti dato molte informazioni sconvolgenti, te ne do una buona: uscire dalla crisi è possibile. Lo ha affermato il premio Nobel Paul Krugman, durante un’intervista ad una tv americana nel 2012. Infatti sostiene che gli Stati Uniti potrebbero rilanciare la propria economia. A condizione che il governo iniziasse a spendere denaro in vista di una possibile invasione aliena della Terra. E non importa che questa sia vera o falsa. E vi assicuro che non stava scherzando. Speriamo qualche agenzia governativa americana non lo prenda alla lettera.
IL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA MONETARIO
Tralasciando le geniali intuizioni di Krugman, qualcuno, sul pianeta Terra, ha avuto un’idea migliore in passato. C’è stato infatti chi ha capito che il sistema monetario occidentale funziona su un requisito fondamentale: la fiducia. La fiducia di chi usa il denaro e si fida del valore simbolico che è stato attribuito ad esso. Due persone si scambiano una banconota, l’uno per comprare un bene dall’altro, l’altro per riceverne il giusto compenso. Se questo accade significa che entrambi si fidano del valore di quel pezzo di carta. Ebbene, in passato c’è stato chi ha capito che non importa a chi sia data tale fiducia. Se alla banca che produce quella banconota o a un ente statale. L’importante è che ci sia la fiducia che quel denaro serva per un interesse collettivo.
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L’ ESEMPIO DELL’ISOLA DI GUERNSEY
Guernsey è un isolotto in mezzo allo stretto della Manica, tra la Francia e l’Inghilterra, popolato prevalentemente da pescatori.
Nella prima metà dell’Ottocento, le guerre napoleoniche erano ormai finite e di navi per quei mari ne passavano meno. Fu proprio allora che l’economia dell’isola subì un arresto improvviso. L’Isola di Guernsey era uno stato autonomo che però utilizzava nel suo sistema monetario la sterlina inglese. Per questa ragione cominciò ad avere dei problemi di bilancio.
Le sue entrate, tra tasse e ricavi vari, ammontavano a circa 3mila sterline all’anno. Davvero poco rispetto alle 20mila sterline di debito che il piccolo stato aveva accumulato nei confronti delle banche inglesi. Inoltre, su quelle 20mila sterline di debiti, l’Isola di Guernsey pagava qualcosa come 2400 sterline di interessi annuali. Insomma, le entrate di un anno bastavano a mala pena a ripagare gli interessi sul credito avuto. Figuriamoci se ci sarebbe stata la possibilità di fare investimenti!
L’isola stava rischiando il collasso economico.
Il porto, ormai vecchio, veniva eroso dal mare, e quindi stava rischiando di diventare inagibile. Il mercato cadeva a pezzi, e quindi anche le poche attività economiche locali non riuscivano a sostenersi più. Le strade erano sempre rovinate, rallentando ogni comunicazione via terra. Inoltre la disoccupazione aumentava, la moneta circolava sempre meno ed il sistema monetario era in grave crisi.
I pescatori dell’Isola di Guernsey dovevano inventarsi qualcosa.
L’unico vantaggio che essi avevano in più rispetto a noi, oggi, è che mangiavano tanto pesce (di un mare ancora per nulla inquinato). E se è vero che il pesce contiene tanto fosforo e il fosforo fa bene al cervello, i pescatori di Guernsey ebbero il vantaggio di farsi venire una buona idea.
L’IDEA E IL NUOVO SISTEMA MONETARIO DELL’ISOLA DI GUERNSEY
L’idea che ebbero nella prima metà dell’Ottocento fu quella di prendere dei pezzi di carta e di stamparci sopra “one pound”, oltre a “Governo dell’Isola di Guernsey”. Quei pezzi di carta divennero, in sostanza, la nuova moneta alla quale fu riconosciuta “fiducia” da parte di tutti i cittadini dell’isola.
Infatti, l’intento del Governo fu quello di utilizzare la moneta da esso stampata per pagare coloro che erano disoccupati sull’isola, assumendoli per fare tutti quei lavori di cui l’isola aveva bisogno: rinnovare il porto, restaurare il mercato, rimodellare le strade. Per fare in modo che la nuova moneta funzionasse, il governo si premurò che le nuove banconote emesse venissero riconosciute dai cittadini.
Esse furono quindi dichiarate valide per pagare le tasse e per ogni scambio commerciale all’interno dell’isola.
A quel punto, a che scopo i pescatori di Guernsey avrebbero dovuto continuare a dare la fiducia alle sterline emesse da una banca inglese, quando avevano delle banconote emesse dal loro stato, che tra l’altro li tutelava garantendogli lavoro? E queste banconote avevano anche il vantaggio di non rappresentare alcun debito.
Con questo meccanismo, negli anni seguenti furono stampate 10mila, 20mila, 30mila… 40mila sterline, un anno dopo l’altro. E l’economia dell’isola è così ripartita. C’erano operai che ricostruivano il porto, il mercato era ritornato finalmente agibile e le strade erano nuovamente percorribili. Ma la cosa più interessante è che questo provvedimento di rilancio dell’economia adottato dal governo non ebbe alcun impatto sull’aumento dei prezzi e pertanto non vi fu inflazione.
L’economia dell’Isola di Guernsey arrivò ad essere così florida che gli abitanti dell’Isola di Jersey, l’isolotto vicino a Guernsey, cominciarono a guardare insospettiti i loro colleghi pescatori. «Da dove vengono quei soldi? Come fanno ad averne così tanti da rilanciare ogni attività produttiva dell’isola?». Così gli abitanti di Jersey avvisarono Londra di ciò che stava accadendo.
La Bank of England non tardò a mandare un ispettore per verificare realmente l’accaduto.
Gli emissari arrivati a Guernsey capirono cosa stava accadendo e realizzando che il sistema monetario dell’isola avrebbe destabilizzato anche il sistema bancario britannico, corsero ai ripari: «Cosa state facendo qui? Vi siete messi a stampare soldi da soli? Se smettete di fare ciò che state facendo, ci possiamo accordare…»
«Voi da dove venite? Da Londra? Non ci interessa alcun accordo, grazie. Noi siamo pescatori, peschiamo e ci stampiamo la nostra moneta. Non abbiamo bisogno di altro. Tornate pure a Londra, grazie». Questo devono aver detto loro.
Gli emissari tornarono a Londra, ma non per archiviare il caso. Infatti poco dopo sull’Isola di Guernsey fu aperta una banca, la prima dell’isola. Quella banca cominciò ad emettere prestiti sregolati, e in poco tempo ci fu un crollo inflazionistico.
Cosa non aveva funzionato?
Oggi, nei verbali conservati dell’Isola di Guernsey, mancano quelli in cui si racconta come il consiglio dell’isola decise di smettere di emettere la propria moneta. Chissà perché…
Tutte le informazioni relative alla storia dell’Isola di Guernsey sono comunque conservate in alcuni documenti, che ho personalmente ritrovato sul web e acquistato da un antiquario inglese, e nei quali viene spiegato nel dettaglio come fu possibile per gli abitanti dell’Isola di Guernsey “creare la propria moneta senza costi per i contribuenti e stabilendo una comunità prospera e libera dai debiti”. Nei suddetti documenti, il caso dell’Isola di Guernsey viene ricordato come “The Guernsey House Market Scheme”, ovvero il meccanismo con il quale è stato ricostruito il mercato e il sistema monetario.
Purtroppo, però, poco tempo dopo l’avvento della prima banca sul territorio dell’isola, il consiglio di Guernsey smise di emettere la propria moneta. Forse qualcosa non aveva funzionato? Non direi. Più probabilmente, qualcuno aveva minacciato e proposto qualcosa in cambio, affinché l’isola ritornasse a dipendere dalla moneta inglese.
Probabilmente fu proposto all’isola di diventare il luogo in cui poter collocare un po’ delle risorse monetarie “off shore” del sistema bancario inglese.
E infatti, cosa sono oggi l’Isola di Guernsey e la sua vicina Isola di Jersey? Sono due paradisi fiscali, con una raccolta di risparmi pari a quella di tutte le banche inglesi…
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